La Provincia di Arezzo, nel suo progetto di "Museo virtuale", ha collocato Francesco Galeotti tra i "VIGILATI DALLA POLIZIA" e i "PATRIOTI", affinché ne venga conservata la memoria http://memoria.provincia.ar.it/protagonisti/scheda_perseguitato.asp?idperseguitato=579&vars=M

QUESTE PAGINE SONO DEDICATE A MIO PADRE, SIRIO GALEOTTI, CHE MAI DIMENTICO’.

Vita e morte a Mauthausen



La costruzione del lager di Mauthausen fu iniziata l'8 agosto 1938 da 300 prigionieri dirottati dal campo di Dachau. Costruito vicino ad una grande cava di granito si trasformò ben presto in un affare economico, sfruttando il lavoro dei deportati, ma anche in una potente macchina di morte per questi ultimi. Infatti dei 200.000 deportati rinchiusi a Mauthausen e nelle sue 49 dipendenze ben 150.000 vi trovarono morte, assassinati nella camera a gas, massacrati nelle cave di Mauthausen e Gusen, stremati dalla denutrizione nello scavo di ciclopiche gallerie, fatti precipitare da un dirupo della cava ancora oggi ricordato come il muro dei paracadutisti, esposti nudi al rigori dell'inverno, sottoposti a docce gelate, fucilazioni di massa, esperimenti medici di vario tipo, dissanguamento, impiccagioni, camere a gas, camere a gas mobili (un camion che effettuava un servizio “trasporto” da Mauthausen e Gusen ed aveva un tubo di scappamento rivolto all’interno del vano posteriore), ma soprattutto sfruttati nel lavoro con un'alimentazione assolutamente insufficiente.



Arrivo al Konzentrationslager Mauthausen: annullamento della personalità

All’arrivo, il deportato doveva essere immediatamente privato della propria personalità: il suo nome veniva cancellato e diventava un numero progressivo di prigioniero. Spogliato di tutto quanto era suo, riceveva, dopo aver passato la depilazione totale, la rasatura della testa e la disinfezione, un vestiario composto da: una camicia ed un pantalone a grosse righe grigie e blu, ciabatte di legno o zoccoli olandesi (dal 1943 scarpe di stoffa con suole di legno), un cappelletto tondo anch’esso a righe grigie e blu. Un triangolo colorato applicato al petto sinistro dell'uniforme dei prigionieri, contrassegnava il motivo della detenzione o del trasporto. Triangolo rosso - prigionieri politici, triangolo verde - imprigionati per i precedenti penali, triangolo nero o marrone - asociali, ecc.

I deportati nei campi di concentramento erano sottoposti a condizioni proibitive: la sottile casacca carceraria non proteggeva gli internati dal freddo; i cambi di biancheria si succedevano ad intervalli pluri-settimanali e persino mensili e gli internati non avevano la possibilità di lavarla. Ciò era causa di diffusione di epidemie e di diverse malattie, in particolare del tifo, della febbre tifoidea e della scabbia.

La giornata tipo del deportato di Mauthausen

Deportati al lavoro
In estate, la sveglia dei deportati avveniva da lunedì al sabato, alle 4.45: alle 5.15 si effettuava l’appello.

Si lavorava dalle 6 alle 12 e dalle 13 alle 19: fra le 12 e le 13 vi era la pausa meridiana che comprendeva la marcia per raggiungere il campo dal posto di lavoro, quella del ritorno e l’appello per certe squadre che lavoravano nella zona del campo.

Dopo le 19 vi era un altro appello e il rancio. Alla domenica lavoravano soltanto alcune squadre di deportati addette all’industria bellica ed i prigionieri che erano in punizione.

In inverno la sveglia avveniva alle 5.15: l’inizio e la cessazione del lavoro nella cava di pietra dipendeva dalla durata della luce del giorno 
(vedi: http://majorana.org/progetti/shoah/index.htm).

 

 

“186 gradini”

"La scala della morte": i 186 gradini


«La cava era là, con i suoi 186 gradini irregolari, sassosi, scivolosi. Gli  attuali visitatori della cava di Mauthausen non possono rendersene conto poiché in seguito i gradini sono stati completamente rifatti. Veri scalini cementati, piatti
e regolari, mentre allora erano semplicemente tagliati con il piccone nell'argilla e nella roccia, tenuti da tondelli di legno, ineguali in altezza e larghezza.»  (da I 186 gradini - Mauthausen, pagg. 169-170).
Sicuramente mortale per coloro che, lungo una scalinata , gradini, , dovevamo trasportare i massi di granito. 
Le grosse pietre estratte e squadrate devono essere portate a spalle dai prigionieri in fila per 4, dalla cava al luogo di raccolta, lungo “la scala della morte”, 186 ripidi gradini sconnessi ed irregolari, rozzamente tagliati nella roccia e coperti dal gelo per lunghi mesi. 
A lato e in cima le SS pungolavano, spingevano e torturano gli uomini che si muovevano faticosamente a piedi nudi e a passo di corsa. Arrivati alla cima della tragica scalinata, i prigionieri dovevano liberarsi del loro carico e discendere in disperata corsa quei gradini, mentre S.S. e kapos dall’alto facevano spesso precipitare questi macigni lungo la gradinata nella quale stavano salendo altri prigionieri altrettanto carichi.

Quelli che non erano travolti, dovevano ricominciare la prova. Il dirupo della cava prende il nome di “muro dei paracadutisti”, poiché gli aguzzini, come supremo divertimento, a volte spingono i primi della fila che, cadendo, trascinano con loro decine di altri uomini causando continue stragi. 

“ ….e c’era una scalinata con centottantasei gradini. Scavati nella pietra! Si andava su e giù per ‘sta scalinata. In fila per cinque. Si arrivava giù, si prendeva una pietra ciascuno. Si aspettava che tutti fossero in fila, poi si tornava su, tutti in fila insieme, con le pietre. Bisognava stare attenti di prendersi una pietra che non fosse troppo piccola, perché se vedevano te ne davano poi una grossa. E quella non riuscivi neanche a sollevarla! Così ci lasciavi la pelle a suon di bastonate. Su e giù da ‘sta scalinata. Quando uno cadeva non si alzava più. Quella era la cava di pietre, centottantasei gradini.” (Testimonianza di Renè Mattalia – matricola 82423).

L'ALIMENTAZIONE DEI DEPORTATI


Alla mattina una scodella di un liquido nero, surrogato del caffè, con alcune zucche abbrustolite e bollite. 
A mezzogiorno una brodaglia di circa un litro di zuppa, in cui galleggiava qualche barbabietola da foraggio, di quelle lunghe e bianche, spesso avariata.

Alla sera invece una fetta di pane, un dado di margarina, un dado di un insaccato strano, in tutto venticinque o trenta grammi di roba e una bevanda di erbe (vedi anche il sito http://coalova.itismajo.it/ebook/mostra/index.htm)



Il lavoro pesante e la fame causavano l'esaurimento totale dell'organismo: la carenza di alimenti sufficienti portava spesso alla morte per fame.

Alcune fotografie scattate dopo la liberazione del campo, mostrano detenute divenute quasi cadaveri e con un peso variabile dai 23 ai 35 Kg.: in media i reduci del campo al momento della liberazione pesavano tra i 39 e i 42 chilogrammi.

La scarsa alimentazione non consentiva una lunga vita al campo: si calcola che circa 2.000 prigionieri a settimana morissero per fame. Tra il 1943 ed il 1945 la permanenza in vita di un prigioniero di Mauthausen era in media di 9 mesi.    


I MORTI


Si calcola che siano passati per il complesso dei Lager dipendenti da Mauthausen circa 230.000 deportati provenienti da tutto il mondo: politici, persone di altre religioni, ebrei, omosessuali, zingari, soldati prigionieri di guerra, criminali comuni. Di questi circa il 50%, ben 122.766 prigionieri, vennero assassinati.

Dall’Italia furono deportati a Mauthausen in oltre 8.000 (dei complessivi 22.204 uomini e 1.514 donne deportati nei campi di sterminio tedeschi): di questi 5.750, ben oltre il 50% non tornarono.


anno 
1938
1939
1940
1941
1942
1943
1944
1945
presenze
1.010
2.995
8.200
15.900
15.900
25.607
72.392
64.800
morti
36
445
3.486
8.114
14.293
8.481
14.776
36.214